Il dovere dell’antimperialismo

Recentemente la casa editrice “Città del sole edizioni” ha pubblicato il nuovo libro di Fosco Giannini “Liberare i Popoli”, una selezione di articoli e discorsi realizzati dall’autore nel corso di circa un trentennio.

Non di rado, a sinistra, le questioni internazionali non vengono affrontate con il dovuto approfondimento e si rischia spesso di seguire le interpretazioni degli avvenimenti fornite dalle classi dominanti. Eppure i grandi processi politici ed economici che stanno interessando il pianeta non possono che avere riflessi importanti, se non decisivi, sulle politiche nazionali e sul benessere delle classi lavoratrici. Quale posizione pertanto devono prendere le classi lavoratrici rispetto alla “Nuova Via della Seta”, alla NATO, all’Unione Europea, ai BRICS e via dicendo?

Il merito di Fosco Giannini è innanzitutto quello di ricordare a tutti che nessun cambiamento significativo, rivoluzionario, della realtà sociale ed economica italiana sarà possibile se il nostro Paese non uscirà dalla condizione servile che lo lega all’Unione Europea del grande capitale e agli Stati Uniti.

I principi che rappresentano l’impalcatura del libro e, quindi, dell’attività politica di Fosco sono l’internazionalismo e l’antimperialismo.

Che cos’è l’imperialismo? È l’insieme dei tentativi messi in atto dal mondo della grande impresa e della finanza, supportato dai suoi Stati di riferimento, in primis gli USA, di dominare le risorse e i mercati globali attuando ingerenze, destabilizzazioni e guerre nei confronti di vari Paesi del mondo. L’opposizione all’imperialismo non può guardare al colore politico del governo fatto oggetto dalle trame imperialiste. Se un governo di tipo conservatore o addirittura reazionario dovesse entrare per qualche motivo nelle mire dell’imperialismo, è dovere di ogni sincero antimperialista sostenerlo, perché un suo rovesciamento non aiuterebbe la causa della pace. La renderebbe anzi più difficile, perché andrebbe in contrasto con la necessità di costruire rapporti internazionali basati non più su logiche di dominio, ma sulla cooperazione tra Paesi liberi. L’esistenza di tali relazioni di cooperazione, basate sul reciproco vantaggio, è uno requisiti fondamentali per il raggiungimento del benessere delle classi lavoratrici di tutto il mondo.

Tutta la storia politica di Fosco contenuta in questo libro è caratterizzata da un antimperialismo coerente: “Oggi l’internazionalismo lo si assume nella sua forma non idealista e lo si pratica concretamente schierandosi, innanzitutto, contro le pulsioni di guerra imperialiste (che in questa fase puntano ad attaccare la Siria e l’Iran); schierandosi sempre più nettamente a fianco dei BRICS, a fianco delle forze antimperialiste dell’America Latina, dell’Africa, dell’Asia; ricordandosi che all’interno dei BRICS svolgono ruoli politici e sociali decisivi i partiti comunisti, partiti di massa, con milioni di iscritti e militanti, che sfatano la solita leggenda capitalistica della fine del comunismo. È molto più probabile, partendo invece dall’innegabile realtà delle cose, che siano proprio le forze comuniste a vedere, un giorno, la fine dell’imperialismo e del capitalismo a livello mondiale” (2012).

Una questione centrale all’interno del libro è quella della lotta senza quartiere alla NATO, strumento di guerra e di dominio degli Stati Uniti. Tre sono i motivi per cui occorre che l’Italia esca da questa alleanza di guerra: primo, per evitare che il nostro Paese venga coinvolto in guerre fuori o dentro il suo territorio; secondo, per tagliare le spese militari immani che sottraggono risorse all’economia civile, a tutto ciò che è realmente importante per i lavoratori; terzo, per garantire la sovranità dell’Italia, in quanto la presenza di basi militari NATO e statunitensi costituisce una seria minaccia diretta contro progetti politici che si oppongono agli interessi nordamericani (qualcuno si ricorda ancora di Gladio e della P2?).

La lotta contro la NATO si accompagna alla ferma opposizione al processo di costruzione di un esercito europeo, cioè di uno strumento militare che il grande capitale dell’Unione Europea intende utilizzare sia contro i lavoratori europei sia per competere con altri soggetti internazionali nella conquista di mercati e risorse e per minacciare Russia, Cina e altri Paesi. L’Unione Europea – ci ricorda Fosco – è un soggetto sovranazionale dai caratteri non solo imperialisti, ma anche antipopolari, cioè è teso a distruggere le conquiste sociali ed economiche dei lavoratori, a demolire lo Stato sociale favorendo le privatizzazioni dei servizi, a ridurre i diritti dei lavoratori (suggerendo regressive riforme pensionistiche e del lavoro).

È possibile oggi limitarsi a chiedere delle riforme all’interno dell’Unione Europea? O non è oggi opportuno rendersi conto che al di fuori dell’Unione Europea esiste un mondo in rapida crescita? “L’UE è palesemente irriformabile; il liberismo è nel suo DNA. Senza questo essa crollerebbe su stessa, poiché non più funzionale ai disegni imperialisti, specie tedeschi. Non accettare l’UE è possibile; dall’UE e dall’euro si può uscire allargando gli orizzonti e legandosi con i Paesi e i mondi rivoluzionari e in via di trasformazione sociale” (2017). Per esempio oggi non si può ignorare il progetto cinese della “Nuova Via della Seta”, che ridisegnerà sempre più i rapporti internazionali basandoli sulla cooperazione economica, scientifica, tecnologica e culturale.

Giorgio Raccichini

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